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FILM 01/03/2014

Il film di Steve McQueen sembra essere il favorito per la statuetta d’oro, con ben nove nomination e 49 milioni di incassi in America.


SINOSSI
Il film narra la storia vera di Salomon Northup (Chiwetel Ejiofor), violinista e cittadino libero. Salomon viene ingannato, rapito da due negrieri e portato in una piantagione di cotone in Louisiana come schiavo, per rimanerci fino al 1853. Tutta colpa delle diverse leggi che regnavano negli Stati americani, per cui a Washington (dove avvenne il rapimento) la schiavitù era legale, a differenza di quello che succedeva a New York. Subirà torture ma soprattutto verrà privato della sua identità, sarà solo un Platt, “nigger” senza nome né dignità. Il suo maggior coraggio consiste dunque nel restare se stesso, fingendo però d'essere un Platt, per non morire di frustate o impiccato a un albero. In questo sforzo eroico è orridamente solo. I suoi compagni vivono la sua stessa impotenza, e i più la accettano. In suo soccorso arriva Samuel Bass (Brad Pitt), abolizionista canadese, a portarlo via dalla schiavitù. Non è solo la storia di un uomo ma un intero popolo che otterrà la sospirata libertà solo nel 1864 con il tredicesimo emendamento, di mezzo ci sono state innumerevoli vittime, una guerra civile e infinite dignità calpestate.

12 anni schiavo” di Steve McQueen sembra essere il favorito per la statuetta d’oro, con ben nove nomination e 49 milioni di incassi in America. Il film che si ispira al romanzo autobiografico “Dodici Anni” di Salomon Northup muove una critica ferrata allo schiavismo non astenendosi dal darne immagini crude e scene violente per esprimere al meglio lo svilimento dell’individuo davanti alla ferocia dell’umanità. McQueen si confronta con altri due colossi del cinema americano quali Spielberg e Tarantino che, rispettivamente, con "Lincoln” e “Django unchained” avevano affrontato il tema della schiavitù in una America ottocentesca. Saltano dunque subito all’occhio affinità e divergenze tra i film; se Spielberg aveva affrontato marginalmente l’argomento lasciando ampio spazio alla vita del presidente americano, Tarantino e McQueen vi fanno convergere l’intero film pur affrontando la materia diversamente. Sebbene i protagonisti dei due film, Django (Jamie Foxx) e Solomon (Chiwetel Ejiofor), siano entrambi eroi che combattono per riscattare la loro posizione sociale e quella del loro popolo, i due registi sembrano avere intenti divergenti. Da un lato dunque abbiamo Tarantino che, come sempre nei suoi film, mira alla spettacolarizzazione della violenza, dall’altro abbiamo McQueen che con sangue e torture non vuole esaltare lo spirito goliardico della sala ma piuttosto suscitare disagio e malessere nello spettatore inevitabilmente partecipe alla sofferenza del protagonista. Al solito non sono mancate le polemiche riguardo alla violenza visiva, infatti l’interminabile piano sequenza di atrocità, stupri e torture ha destato numerose critiche tra cui quella mossa e poi smentita dalla Bim (casa di distribuzione italiana) che avrebbe dichiarato a riguardo “è un film di bianchi, per bianchi, sui bianchi, il cui vero protagonista è l’abolizionista Samuel Bass (Brad Pitt), l’eroe”. Di tutta altra opinione è invece Ban Ki-moon segretario generale dell’Onu rimasto scioccato e senza parole dopo la proiezione in commemorazione delle vittime delle schiavitù, occasione in cui il regista ha affermato “Quando ho saputo che oggi nel mondo ci sono 21 milioni di schiavi sono rimasto sconvolto. Non abbiamo imparato nulla dal passato?". Insomma di cose ne sono state dette tra consensi e polemiche su questo film quindi non resta che andarlo a vedere, per lo meno per tastare con mano se un Golden Globe e nove nomination agli Oscar siano meritate.


scritto da Valentina Sordi