Vince L’Orso d’Argento alla Berlinale 2021 grazie ad una regia delicata che rielabora la classicità dei drammi intimi o famigliari della sua terra il giapponese Ryûsuke Hamaguchi.
Il regista si era già fatto notare a Locarno, dove nel 2015 aveva ricevuto il premio speciale della giuria per la sceneggiatura di Happy Hour, e nel 2018 a Cannes, con il suo Netemo Sametemo in concorso per la Palma d’Oro. Nel 2020 inoltre il film da lui sceneggiato Spy No Tsuma aveva portato il regista Kiyoshi Kurosawa a vincere il Leone D’Argento.
Ma è forse con The Wheel of Fortune and Fantasy che il suo talento esplode in maniera fragorosa, nel suo racconto di tre storie parallele semplicemente giustapposte, senza legami tra di loro se non forse il fatto che è la Fortuna (caso o destino?) a governare gli incontri raccontati e che sono donne resilienti ad esserne protagoniste.
Il primo ruota intorno ad una giovane fotomodella che scopre che il nuovo flirt di un’amica è lo stesso ex fidanzato per cui nutre un amore che ora scopre mai sopito, il secondo ruota intorno ad una honeytrap tesa da una donna sposata ad un professore universitario e scrittore e conclusa in maniera paradossale, e il terzo intorno alla storia di due donne che si incrociano per strada e si confondono per vecchie compagne di liceo, aprendosi a confidenze durante il pomeriggio passato insieme per poi scoprire di essere in realtà due sconosciute.
Il vero protagonista del film oltre al fato è allora la fantasia, quella ruota che gira incessabile e che rende in fondo ogni storia un po’ magica, o forse solo umana. Una ruota che gira e cattura quel miscuglio di emozioni - rancore, gioia, amore, tristezza, divertimento, colpa o noia che sia - per poi ridistribuirle, rendendo tutte le vite uniche, particolari e universali allo stesso tempo. Per questo ci possiamo identificare con ognuna delle protagoniste di questo racconto tripartito, che si conclude forse con un’ode al gioco di ruoli (il racconto finale), e quindi in sintesi all’arte della rappresentazione e della messa in scena.
Un’arte di cui il film da straordinaria prova.
scritto da Bianca Montanaro