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Il regista Michael Siebert
FESTIVAL e AWARD 27/01/2021

Il regista tedesco Michael Siebert si porta a casa il premio del pubblico della XX edizione di MiffAwards


Il dramma intimista tedesco di Siebert celebra la forza dell'amore come unica cura, anche di fronte alla morte, e, dopo il Cavallo per la miglior recitazione maschile a Wolfram Rupperti, si aggiudica l'ambito premio del pubblico. Si chiude così ufficialmente la XX edizione di MiffAwards.

Primo lungometraggio del quarantenne Michael Siebert, si è fatto notare con un elenco notevole di premi già vinti a livello internazionale e ha conquistato uno schermo nel programma virtuale dei vincitori del Cavallo di Leonardo, che per la prima volta ha presentato il film al pubblico italiano. Questo lo ha amato al punto da farne 'il meglio del MIFF 2020'.

La storia tocca nel profondo. Ruota intorno ad un quesito che tutti siamo chiamati ad affrontare: il nostro rapporto con l’idea di morte. Per i due protagonisti la questione diventa improvvisamente urgente: un tumore in fase terminale li sta uccidendo entrambi. I due amanti sono allora chiamati a rispondere ad una domanda ancora più scomoda, quella di come affrontare gli ultimi giorni della loro vita.
Si amano da poco, e poco è il tempo che a loro rimane. Questa fretta non intacca però il valore dei loro ultimi momenti, che trascorrono nella tranquillità dell’appartamento di lei. Sono momenti lenti, delicati, pieni. Resi amari dai non detti della vita, dagli irrisolti e da dispiaceri ancora quotidiani, ma resi infinitamente dolci da un amore paziente che cresce con la stessa calma curiosa con cui crescono tutti gli amori, anche quelli di chi pensa di avere tutta la vita davanti.

Per questo 'Lebendig' colpisce, con un titolo che è tutto meno che antifrastico. Più che l'aggettivo 'vivi', si potrebbe parlare però di 'viventi'. Più che lo stato dell’essere in vita è qui l’atto del vivere ad essere celebrato, il participio presente di una condizione che si esaurisce nell’attimo in cui la esperisci, ma che proprio per questa precarietà è così pura.
Il film è insomma un inno alla vita, che va succhiata fino a quando la si possiede, fino a quando si è participio presente.


scritto da Bianca Montanaro fonte MiffAwards